Alberto Signorini

C'è una chiave di lettura che s'impone a prima vista per questa bella raccolta di versi di Alberto Signorini, La pratica disperata, che oggi torna a proporre una delle voci che a me sembra tra le più autonome e originali dell'esperienza poetica contemporanea. Ed è una chiave di lettura facilmente recuperabile in questa serie unitaria di componimenti tutti impostati su di un efficace rapporto che si stabilisce tra la eccezionale limpidezza della parola e la violenza di un dettato interiore che non concede alcun scampo: ... ogni fuga è proibita/ solo un lento ritorno/ a stento è concesso/ alla vita La pratica disperata di ieri fuggita/ nell'ora funesta di sempre// ma tu gentile e dòmina/ regina di paesi ignoti/ segui ancora il mio destino/ incerto e per poco ritrovi/ l'ombra d'appartate stranze/ dove disperata allora s'apriva/ la vita breve alla speranza ... Così mi sembra che il cerchio si chiuda nello spazio in cui non ci si può sottrarre ai bilanci definitivi, nell'arco che intercorre tra disperazione e speranza, dove è inevitabile spostare l'accento sul primo termine perché è impossibile ricominciare dove non esistono più transiti nuovi, possibili varchi che possano consentire fughe in avanti o ritorni ad una condizione di partenza per sempre perduta nella coscienza della fine. ... c'è qui, in questi versi, nell'intera raccolta la traccia drammatica di un cammino percorso fino in fondo, senza risparmio e senza compiacimenti, il documento di una voce che supera nel richiamo alla vita l'ombra incombente della fine.